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acceso del tuo amore per si facto modo, che, senza conclusione del mio pensiero, de qui non intendo partir giamai; il quale non è d’altra natura se non de prendere teco amoroso piacere. Onde te prlego sie contenta, ché ancora te chiamarai felice, vogli avere, o cara giovene, de la mia stanca vita compassione, perché nel pecto cusi bella come tu sei effigiata te porto, né conforto veruno puote entrare in me senza il tuo nome, né veruno rasonamento mai m’è stato caro, da poi ch’io te cognobbi, senza esservi tu stata recordata; e ora per merito de tanto amore me vói de la tua dolce speranza spogliare? Ma dimme: vói cosa alcuna da me? Chiedi, comanda, ché, se ben adimandasti tutto il mio reame, io tei concederò voluntieri, o altra cosa che piú cara me sia, se ben fusse la propria vita, non desiderando se non de viver tuo perpetuamente. — A queste parole Placida rispose : — Signor mio caro, le vostre parole, benché efficace, me turbano il core, e ’l spirto cum l’anima me affligono, vedendovi a vano amore inclinato; quantunque son certa, essendo voi vero re e prudente, non farete se non le cose oneste e de laude degne, e voreti che la rasone vinca a questo punto l’appetito, come se conviene a li vostri pari. Ché, altrimenti facendo, usareste effecto villano e tristo, perché, come il re ne l’abito è differente da l’altra gente, cussi debbe essere ne’ costumi, ne la magnanimitá, ne la clemenzia e in ogni altra morale virtú, temendo vergogna, e fama e virtú splendida menando. Unde, signor mio, rafrenáti questa vostra indiscreta voglia, temperáti questo vostro ingordo desiderio, disarmative de questa iniqua cupiditá, la quale ad uno medesimo tempo Dio e gli omini in tal modo offenderebbe, che, oltra la infamia del mondo e la mina forsi del vostro regno, provaresti alfine eterna morte: facendo ve certo che prieghi, doni né promesse mai me potrebbono condurre a tanto fallo. Il perché non è cosa da me piú aliena, quanto la libidine e l’avarizia, le quale, per continua experienzia e per sentenzia degli omini divi e sapientissimi, sono fondamento de tutti i mali, come al presente vedere poteli, ché per tali venenosi frucli sono stata quivi a la Vostra Sublimitá dolosamente conducta, sperando questi pessimi sensali