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NOVELLA XXX

Misser Ludovico, araldo della communiti de Bologna, va da la sua sposa e cum lei prende piacere. La madre de epsa il sente e turbasse, e disf.isse la parentella; e luí, aiegro de quello ha facto, ne prende un’altra e poi se trova vitu{>erato. — Magnifici gentilomini e voi bellissime donne, essendo mio padre de anni pieno e io, di lui primogenito, fra gli altri figliuoli caro, dubitò non consumasse la gioventú mia senza erede, e specialmente, vedendome polito, compariscente assai, come vedete, e a gaudio suo e della nostra progenie dignificalo de milizia da lo inclito figliuol de Marte, Roberto Sanseverino; per il che me fece sposo de una figliuola giá* de Petronio Cocco, e ben conira mia voglia, perché, olirá che se perda la sua libertá, l’è una grandissima ventura a chi ben s’amoglia. Pur, per debito filiale, a satisfazione de la Chiesia e della volontá paterna, recomandandome a Dio, fui contento. Or, andando a vedere la sposa, li presi tanto amore, che piú longi che lei non vedeva, maravigliandome come mai fra sposi potesse nascere si presto tanto dolce amore, e dolendome meco fusse stato tanto a farmi spo.so, e ringraziando ultimamente il divino Munificalore che de tanta grazia me avea facto degno. Advenne che una domenica malina, essendomi stato tutta la nocte ne la niente questa mia amata sposa, vincto da la forza de amore e della fragilitá de la carne, deliberai andare da lei ne l’ora che existimare potesse la maire sua in casa non fusse. E disi li andai ; e, trovando Lusso de la casa chiuso, pichiai circa quatro volte prima me fusse risposto; e, dimandato da la sposa ch’io era, dixe; —Aprimi, bella giovene: io sono il tuo sposo, misser Ludovico. — Oimè! io non ve posso aprire, sposo mio caro, perche mia matre è andata a messa. — S. DEGLI Arienti, Lt Potretane. 13