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e a vostro modo maritare la potete. — E in pace ne mandò a casa maestro Aristotile cum le lacrime agli occhi, facendo poi onoratamente sepellire el decapitato cavaliere; onde, per reffecto de tal morte, tutta Parrise fu piena de timore e maraviglia, non potendo quasi credere che la Sua Maiestá mai i>ermetesse la morte del suo cavaliere a lei sopra ogni altro amato e caro, e pianto da molta gente assai, quantunque fosse divenuto insolente. Sopra tutto fu de tanta doglia questa morte a la sua sposa, che epsa se fece monaca de Sancta Caterina, dove, optima serva de l’omnipotente Re celeste, doppo alcuni anni passò de questa mortai vita. Questa novella, signor mio caro, non fu intesa senza onesti sospiri e piotate degli ascultanti, e cum observantissima laude e venerazione del re de Pranza; advegna che meglio sarebbe stato, secondo el pietoso iudicio de la brigata, non fusse morto el cavaliere, dicendo che ben dovea bastare la passata iustizia, avendo la Maiestá del re coniuncto matrimonialmente lui cum la violata giovene, cum obligazione de tutta la sua robba. Pur alfin fu concluso che quilli reali de Pranza hanno, per antiquo costume, preso piacere sequire effecti de summa iustizia e de eterna laude e memoria degni. Al quale parlare svigliato uno nobilissimo ciciliano, ornato de laudevoli costumi e nominato Tibullo, de casa de lo illustre principe di Salerno, dixe cum lieta ciera: — Magnifico conte e gentilomini, e voi comendabile e graziose madonne, perché abbiamo inteso cum piacevole e degno effecto recordare la illustre memoria del principe di Milano, di Perrara e di Pranza, sono invitato, quando in piacere ve sia, de narrarve una piacevole e vera novella, per opera de uno gentil buffone, araldo de uno quondam nostro re, seguita. — A questo gentilomo adunque non solamente fu licenzia conceduta, ma pregato dolcemente che dicesse. E cusi incominciò.