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qui a donare da un mio caro amico, per un degno presente — respose el signore. — Perché? ve piace elio, misser Salvatore mio? S’el ve piace, io vel donerò molto voluntiera. — Rispose misser Salvatore: — Ringrazio sommamente la Vostra umanissima Signoria de tanta offerta, signor mio: l’ucello sta bene dove elio è. — Prenditelo — giunse il signore, — misser Salvatore, ch’io vel dono molto voluntiera. — Misser Salvatore, che altro non desiderava, corno quello che molto se delectava de canti de uccelli, dixe: — Di poi ch’el ve piace, io l’acepto, signor mio dolce, cum ciò sia chi mal accepta, pegio dona. — El signor similmente, che altro non spoetava se non che l’acceptasse, dixe: — E io ne sono molto contento che vostro sia. Ma cum questo: che voi istesso cum la gabia in mano el portate a casa vostra. — Molto voluntiera — respose misser Salvatore. — Giá non me ne vergognerò io: el sera una gentilezza portare cosí gentile ucello in mano, e specialmente essendome donato da uno tanto signore come vui. Vedeti pur se c’è altro che donare me vogliate. — Non altro per ora — dixe el signore. E cusi, presto in altro parlamento entrando, mandò cautamente a dire per uno suo fidato a le meretrice che in posta dimorasseno, perché in piazza capitarebbe misser Salvatore col suo merlo, ricordandoli quello avesseno a fare. Or misser Salvatore, essendo l’ora de anilarc a dixenare, prese licenzia dal signore, e, le scale del palazzo scendendo, se drizzò, cum l’ucello nella gabia in mano, verso casa. Come fu adunque quasi in mezo la piazza, secando era ordinato, le provedute meretrice, che una caterva erano, li corseno adesso gridando ad alta voce: — Dá’ qua il nostro merlo, ribaldone! — Al quale grido misser Salvatore fermaudose ’ am meraviglia, e pensando che ciò volesse dire, le meretrice 1 ebbeno intorniato, dicendoli: — Prete ribaldo, tu ce hai rubato il nostro merlo! Ladro che sei, tu serai ancora impicato! — E volendo rapirglielo de mano, e misser Salvatore non volendo, tirava a sé la gabia cum una mano, e, cum l’altra sforzandose de farle stare adrieto, gridava:—State adrieto, scroffe che séte! il signor me l’ha donato pur ora. —Tu ne menti per la gola! —respondevano