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prese tanta dimesticheza (essendo epsa per morte priva de la matre), che Filoconio, andando suso e giuso seco a brazze, come se costuma in quelle parte, uno giorno, traendo uno suspiro, cum pietoso gesto li disse: — Dama, se non te fusse a noglia, volentiera te discoprirei uno affezionato secreto del mio core, quando me prometessi (come ridiede el cordiale amore te porto e la gran fede ho posto in te e in la tua singular bellezza) de sigillarlo nel tuo pecto. — Eugenia, giá invaghita de li costumi e gentilezza de Filoconio, e disiosa divenuta sapere l’offerto secreto, dixe sorridendo: — Bel sire, di’ a me quello te piace securamentc, ché prima vorei morire che redire cosa me dicesti giamai, quando non te piacesse. — Alora Filoconio, alzando gli occhi al cielo e recomandandose ad Amore, e poi nel grazioso viso di lei firmandoli, dixe; — Eugenia, bella dama mia cara, sapi ch’io fui figliuolo de Tarolfo, re di Portogallo, e, quantunque me facia chiamare ora figliuolo del re di Cipri, el facio .solamente per non essere cognosciuto, a conservazione del tuo e mio onore. Ma voglio che sapi che, finché vivea la felice memoria del signor re mio patre, intendendo cum molta dolcezza la gloriosa fama de le tue bellezze e de le mirabile tue virtú, fu neccessario te divenisse affezionato servo e desideroso oltra modo de vederti. E cossi, di te acceso e infiammato, fino a tanto che esso vi.xe, trovandome, non prima finitte el corso de sua vita (ch’oggi sono decenove mesi apunto), che, essendome trovato pacifico erede del suo regno e posto in mia libertá, me è stato necessario, abbandonando quello, la madre, gli amici e ’l tesoro, sia venuto a vederti, fingendo andare al barone di Galicia e a la sancta cita de Roma. Il che non senza gran fatiche, affanni, periculi (che Idio e Amore ne ringrazio sommamente), ho alfine conseguito, trovandome ora cum la Tua regale Excellenzia, piena de immensa grazia e benignitá. La quale cosa m’è di tanta consolazione e soavitá, che proprio me pare sopra ogni beatitudine exaitato; per la quale cosa te priego (da poi ch’el cielo e la natura me hanno facto, per eterno gaudio mio, a la tua bellezza e al regai tuo valore divoto amante e sugetto) te degni essere amata da me, ché piú fidcle