Pagina:Arienti, Giovanni Sabadino degli – Le porretane, 1914 – BEIC 1736495.djvu/11

PROLOGO Correndo dunque lí anni, illustrissimo signor mio, de l’umana salute mille quatrocento septantacinque, uno giorno ch’el luminoso e radiante Apollo, che col carro della sua luce era giá salito alquanto sopra il meridiano cerchio, aveva piú forza e valore, il conte, cum compagnia di alcune gentili persone, omini e donne, de la nostra citade e de altre aliene parte, onesti giochi, suoni e canti, chi a brazze, chi per mano e chi senza, con vari e dolci parlamenti se partirono da l’ospizio signato del victorioso Cristian vexillo, e andaron a man dextra drieto la vaga ripa dei fiume de Reno, che ivi non molto distante nasce d’un chiaro e limpido fonte: dove, poco andati, trovarono uno praticello de tenere erbe e de vari fiori che dolce e suave odore respiravano, e dintorno de altissimi fagi, d’abeti, de gineveri e grossissime querce vestito e adorno, le cui verde fronde defendevano il luoco da li fervidi ragi del sole. Quivi non molto lontano de un nitido fonte, nel cui fondo guardando se vedeva l’acqua come argento vivo scaturire, se fermarono, acciò la sua frigiditá, come sempre suole, qualche sinistro accidente a li bagnarolí non parturisse. E però un poco da quello discostatose la generosa compagnia, sopra il vago praticello fece distendere richissimi tapeti, e sopra epsi in giro, cum graziose parole, per dar principio a’ suoi intendimenti, assettatosi, sentirono per una picola via ivi propinqua, coperta de fronde de pruni, corniali, nuzoli o d’altre arbori che quel paese fecundamente produce, una voce umana: a la quale