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DCXVI

AL SACRATISSIMO AUGUSTO

Dolentissimo di non poter venire di persona a fargli omaggio a Milano,, gli professa da lontano tutta la sua devozione. Che voi siate una quasi evidente imagine di Dio, ne fanno testimonio le tante republiche, i tanti principi e le tante genti che fervidamente corrono dinanzi al conspetto de la Vostra fatale Maestade. E, perché l’umiltá di lei negli accrescimenti de le fortune prospere simiglia il sole, il cui essere, quanto piú s’alza nel zodiaco, tanto piú tardi si move, ognun vi chiama, ognun vi essalta e ognun vi adora. Intanto io, che non mi vi son potuto introdurre ai piedi, basciando la polvere che essi calpestano, invidio tutti coloro che vi contemplano, conciosiaché chi vi mira con occhio prudente, vede come è fatta la felicitá, che forma ha la lode, in che siede l’onore, in quale atto si sta la religione, con che maniera appare la gloria e che cosa è la immortaliiade. Veramente io mi lamento, ma non mi dispero, che la sorte non pur impedisce il mio venire a Milano, ma lo ha vetato; imperoché la indegnitá vile di me, verme inutile, non dee preoccupare pur uno attimo de l’ore che tutto il vostro illustre tempo spende in governare il timone de la nave, che sostiene il celeste numero del popol cristiano: mentre, a onta de le tempeste infedeli, deliberate, col trarla luora del mare che l’affligge, ridurla nel porto desiderato fin da me, che, non potendo farlo in presenza, saluto e inchino voi, imperador salutifero, con tutti gli affetti di questa anima, che vi reverisce in assenza. Di Vinezia, il 17 d’agosto 1541.