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il caso del Brocardo, la brava memoria del quale, fulminata da loro, se ne mori, col testimonio di tutta Padoa. Onde è da stimare che le pedamarie d’un, che giá mi è stato famiglio e che ora è abandonato da la fortuna e da la speranza, mi diano tanta gloria quanto presumano di darmi infamia. Conciosiaché, quando la malignitá de la invidia, congiunta con la presunzione de la ignoranzia, abbaia contra la modestia dei buoni, eglino s’acquistano piú onore nel sentirsi vituperare dai suoi libelli, che non si acquistarebbon vituperio se si vedessero dai lor detti onorare. Oltra di ciò, la raritá de le scritture, e non la trivialitá, è quella che tralfiggc fino al vivo de la fama altrui. Ma poniamo che il Franco fusse piú arguto che egli non è sciocco. Debbo io, che isbrano i nomi dei grandi con le sanne de la veritá, adirarmi perché altri morda il mio piccolo coi denti de la bugia? Certo, il farlo non sarebbe di mia onestá. Ma è ben di mio dovere, da ch’io ho da la clemenza Augusta il pane e da la casa Gonzaga l’essere, il rissentirmi in ciascuno atto che porta seco il carico di Sua Maestade c il pregiudizio di Vostra Eccellenza. Ed, essendo cosi, l’alterazione presa dal mio animo ne lo intendere che un dei ministri di voi, che mi séte padrone, intertiene colui, che pon bocca ne la deitá di chi mi è benefattore, mi dá piú tosto lode d’uomo grato che biasimo di persona imperiosa. Doveva la pazza insolenza del pidocchioso, se pure sperava di farsi credito col pigliarla meco, attribuirmi i vizi del governatore di Casale, e poi gracchiar via; peroché a me non si può dire altro che un; — Prodigo poveraccio! — Or, come si sia, i miei inchiostri deliberano di spegner la sete, che di farsi immortale ha quel Sigismondo Fanzino, che non si è vergognato di lasciarsi registrare in si sporca gaglioffaria, avenga che Sua Altezza, indegna d’ogni riputazione, è proprio subietto da priapee. Io parlo a la libera, perché anch’io son fattura di Mantoa e predico le virtú che vi adornano, se non governo le terre che vi ubbidiscono, non cedendo a veruno circa l’avervi in riverenza. Peroché l’affezzione, che realmente vi dedicai dal principio, è ismesurata, né cosa alcuna mi vive piú fissa nel core che la ricordanza de la virile fanciullezza vostra e del