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ne Io intendere come oggidi un gran maestro si sia mosso a volere che un virtuoso lo conosca prima per liberale che per nome, me ne sono in modo stupito, che, mentre gli presto fede indubitata, mi pare una di quelle burle che ci fa il sonno in sogno. F.d, essendo pur vero, arrossativi, o principi, poiché non sapete osservare ciò che promettete piú tosto per adulare a l’ambizione, che vi vitupera con le sue vanitadi, che per gradire a la generositá, che non vi onora con le sue magnificenzie. E, per tornare a la grandezza del vostro animo, dico che non altrimenti mi sforzarò di esservi grato del dono che s’io ne avessi goduto. Peroché la volontá è quella che dona non donando, e donando non dona. Ella dá tuttavia che vói dare e non può, e per l’opposito ella non dá ogni volta che, dando mal volentier, porge. Imperò è per lasciar maggior memoria il cenno de la buona intenzion di voi che il fatto de la mala disposizione di quanti mai contrafanno il volto de la loro avarizia con la mascara de la cortesia.

Di Vinezia, il 15 di maggio 1541.

DXCVI

AL SIGNOR GIAMBATTISTA CASTALDO

Gode della carica conseguita dal Castaldo presso Ottavio Farnese, acclude copia di una lettera di costui al marchese del Vasto circa l’aiuto di costa di dugento scudi concesso a lui, Aretino, da Carlo quinto e raccomanda Gian Tommaso de Negri romano. Chi crederá che l’amor, ch’io porto a voi, o uomo ottimo e cavalier chiaro, sia di si fatta sorte, che, subito che intesi come la provi (lenza del papa, anzi il valoroso proprio merito vostro vi avea collocato al governo del genero di Sua Maestá, mi sentii nascere nel petto un core tanto divoto de la casa Fernese, che altro non bramo che di adoperar lo ingegno negli onori de la felicitá di quella? Ma, perch’io entri a far ciò con isperanza