Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. II, 1916 – BEIC 1734657.djvu/71

la cortesia che la move con tutto quel cor ch’io posso, supplicandola a perseverare ne l’amore che Ella mi porta con il medesimo grado di affetto, che la realitá del suo essere ha saputo procrearsi nel petto de la benivolenza. Intanto cercarò di pagare i debiti, che io debbo a la liberalitá degli inchiostri e de le carte vostre, con la facultá di quelle carte e di quegli inchiostri, con cui ne ho pagato tanto degli altri.

Di Vinezia, il 2 di maggio 1541.

DXCIV

AL SIGNOR FRANCESCO DOARTE

Proveditor Generale

Scuse per non avere scritto finora, lodi, e invio di una medaglia e della nuova epistola gratulatoria a Carlo quinto (lett. dxc). Se bene io ho indugiato a salutarvi fino adesso, onde sto in dubbio qual sia maggiore, o la vergogna de le mie carte in far si tardi quel che esse dovevano far si tosto, o la maraviglia dei vostri meriti ne lo aver io fatto in ultimo ciò che mi era debito di fare in prima; non è che la mia mente non si sia piú dilettata nel considerare la grandezza de le vostre azzioni chiare, che non si compiace l’altrui generositá in contemplare la eccellenzia de le cose magne. Benché le circunstanzie, che vi instituiscono le degnitá de la vita, si possono piú presto comprendere con lo astratto del pensiero che esprimere con il pronto de la lingua; peroché il piacere, che piglia il giusto de la giustizia e il buono de la bontá, e non la gioia, che sente l’onorato de l’onore e il famoso de la fama, è da voi giudicato il premio de la virtú vera e il fine che la dee movere a lo essercizio de le opere illustri. Talché niuno umano accidente puote spezzarvi la integritá de l’animo: ma voi potete bene rompere l’audacia di qualunchc fortuna ardisse di contradire a quello ingeguo, a quella cognizione e a quel consiglio, che vi