Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. II, 1916 – BEIC 1734657.djvu/57

DLXXXIII

AL DUCA DI FIORENZA

Ricorda quanto fece per Giovanni de’ Medici, allegando a codesto proposito lettere di Francesco Guicciardini e della Maria Salviati, e conclude con raffermare che Cosimo non può esimersi dal soccorrerlo. Io, signore, rendo tante grazie a Io sdegno del mio furore quanto ne tolgo a l’amore de la mia umiltade, poiché il mezzo di quello e non il favor ili questo mi ha fatto ricevere lettre da Vostra Eccellenza. Le bontá de la quale devrebbono, alora che la maladicenzia altrui vi pon ne le orecchie i miei pregiudizi, rivolgersi a pensare a me; che, vedendo colui che vi ingenerò non pur lerito a morte, ma disperato e dal caso e dal negarsigli il medicarsi in Mantova c dal mormorar degli invidi e dal piacere degli emuli e da lo essere abbandonato da tutti e da lo avere a gettarsi ne le braccia de la pacicnza, lo feci mettere in lettiga, e, portandolo dove desiderava, mi adoperai di maniera, che il marchese Federico mutò seco volontá, e, col testimonio di tutta la corte sua, gliene menai dinanzi, contra il creder d’ognuno. Onde il Cesano esclamò publicnmente, con dirmi: — Voi séte il migliore uomo del mondo. — Ma, s’io vi contasse le fatiche ch’io ebbi, poi ch’ei fu morto, nel por silenzio a ciò che ne sparlava la invidia che si portava a le sue virtú e l’odio che si teneva con le sue terribilitá, forse forse che chi vi governa mi giudicarelibe piú degno di esservi caro che non me ne giudica indegno. Ma. perché la mia sorte vòle che io vi rimproveii gli offici che mi lúr debiti, vi faccio intendere che tutto quel di moderato, di piacevole e d’umano, che si vidde in lui, fu quasi ritratto dal modello, da l’avertenza, tla la sofferenza c tla la perseveranza de le mie discrezioni. E però disse la veneranda memoria del duca d’Urbino ch’io solo acquistava piú paradiso a stargli appresso che non facevano dieci romiti ne l’abitazion degli ermi. Ecco: il magnifico Ottaviano