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ai santi cascano ne la còlerá dei demòni. Ma, s’egli avviene ch’io ne abbi a esser punito, punitemene con la clemenzia, peroché anche Iddio, che pon mente a ciò che resta nei cori e non a quel che esce de le lingue, puní con tali armi il predetto profeta e il prefato apostolo. E, caso che noi voliate far per altro, fatelo in dispregio del morir subito di ciò che ciancia la bocca e a onta del viver sempre di quel che canta la penna; poiché le voci di quella e le scritture di questa non possono, col nuvolo de le parole né con le nebbie degli inchiostri, oscurare il sole de la vostra divina bontade. Le reali azzioni de la quale mi stanno in modo fitte ne l’animo, che, quando io, guidato da lo sdegno, tento di cavarmele de le viscere, simiglio un di coloro che voglion trar del pelago una cosa impossibile, il cui peso, spinto da la mano, che il tocca fino a la superficie, si profonda, in quel che altri si crede spingerlo fuora, piú giuso che non era prima. Ed è certo che, mentre vi fulmino con i ramarichi, paio proprio colui, che, adirato con la frequenza de la mosca che gli assale il viso, non fa altro che percuotersi la istcssa faccia con la mano, con cui pensa occidcrla. Or, per risolverla, dico che, se bene voi non voleste ch’io vi amasse e che io non mi curasse di amarvi, bisogna che siate amato da me a vostro dispetto e mio. A vostro, perché non potete vetar che io non vi ami; a mio, per non poter desistere di amarvi. Si che riconciliatimi con il placido de la Vostra Eccellenza, come spero.

Di Vinezia, il 17 di marzo 1541.