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DLXXI

A DON LOPE DI SORIA

Gli si paghi al piu presto il quartale scaduto della pensione

concessagli da Carlo quinto; altrimenti, si vendicherá. L’ultimo d’ogni mia risoluzione è il chiedervi in grazia o che sempre mi neghiate con rigiditá di signore, o che mai non mi offeriate con amorevolezza di amico; che, ciò faccendo, olirá che servarete il decoro de la natura dei grandi e manterrete il privilegio de la sorte dei piccoli, a voi non s’imputará il poco osservarmi e a me non si rimproverará il troppo credervi. Ma, se vi piace ch’io parli altrimenti, mutate vezzo e, col ponermi in mano il mio proprio, tenetevi in bocca il vostro appellativo ; perché io, che sono uomo e non cameleonte, mi pasco di pane e non d’aria. Ma come si mutano i nostri voleri! Ecco: voi, che con la istessa borsa, stando qui, mi accomodaste ognora de le paghe non anco mature, comportate, adesso che amministrate il tutto, che, nel mandare a Milano due volte a la fila, spenda piú che non vai la pensione! E, se nulla mancava, ci han supplito i cento scudi, che si devevano per la poliza di cambio, il pagamento dei quali non si è dilatato fino ai giorni del termine mercantile, bontá de la discrezione di don Diego di Mendozza: ordine, che saria disonesto tra i cardinali, nonché tra i cavalieri. Ma ripiglisi la Macstade Augusta la cortesia usatami, caso che non le paia di permutarmela dove non entrino gli intrighi dei suoi ministri. — La imperiositá dei quali — disse colui — trova i denari per quel che gli pare e non per ciò che gli conviene. — Or, quando sia che la Camera non giudichi che il braccio del quartirone, che io avanzo, rimpregioni la Francia, diamisi: se non, la mia fame si vendicará con la fama di chi non sei pensa.

Di Vinezia, il 20 di genaio 1541.