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con la vaghezza sua intertenga gli occhi vostri finché si fornisce la tavola grande ; che veramente sará di corto. Ma dove lascio io messer Gianfrancesco del Saracino, splendore de la generositá e degno di esservi in grazia quanto altra persona che ci sia? Ella è si de la sua mente e de la sua anima la divozione dimostratavi dai suoi detti e dai suoi fatti, che Cristo si scordarla tanto di voi quanto voi vi ricordaste di lui, che paté, circa la profession mercantile, ne l’onore e nel commodo. Ma, per saper io d’esser inteso col non dirne altro, bascio le mani di Vostra Eccellenza.

Di Vinezia, il 22 di decembre 1540.

DLXVIII

AL MAGNIFICO MESSER NICOLÒ MOLINO Invia un sonetto sul ritratto di Vincenzo Cappello, dipinto da Tiziano. Ancora, o signore, che il mio por mano nei versi e ne le rime sia tanto di oltraggio a le muse, che lo sopportano, quanto di biasimo a me, che ne compongo, vedendo come lo stile di Tiziano ha mirabilmente ritratto il mirabile Vincenzo Cappello, non mi son potuto tenere di non farci suso il seguente sonetto. Conciosiaché passaranno piú secoli che non siam vissi anni, prima che Iddio permetta che questa sola cittá si’adorni d’un si egregio senatore e d’un si nobil pittore. Ma, s’egli avviene che ne le tenebre di cotal ciancia appaia alcun lume di poesia, mettetelo a conto del suggetto, la cui divinitá mi è suta al debito de lo ingegno quel che è lo sprone a la tarda pigrizia del cavallo e il soffiar del vento a la piccola quantitá del fuoco. Ed c certo che la maestá de lo aspetto di quello c la eccellenza del colorir di questo movano in modo chi le contempla, che è forza di esclamare le Idr laudi o con la lingua o con la penna. Onde merito scusa, se, per avermelo paruto comprendere ne la sembianza de Tuoni clarissimo, ho tentato di esprimere quel