Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. II, 1916 – BEIC 1734657.djvu/248

DCCLXXV

A MESSER NOFRI CAMAIANI

Ne loda la liberalitá e la costanza nella sventura. Ancora che la insolenza del procedere in tutte le occorrenzie sia propria de la gioventú, vi ho conosciuto sempre lontano dagli andari giovanili; e, mentre vi sono andato considerando, per far di voi un convenevol giudizio, mi séte molto piacciuto ne la liberalitá e ne la constanzia. Onde vi lamio ne l una virtú e ne l’altra con ogni affetto di core e di animo. Io vi commendo del non essere avaro, avenga che l’avarizia è piú misera per la cupiditá de l’acquistare che felice per lo acquistato, e vi essalto in esser forte e constante, poiché non avete potuto esser temperato e continente. Imperoché è piú degna de laude la fortezza che la castitá, conciosiaché c maggior cosa il sofferire le cose che inducono tristizia, che il ritrarsi da le azzioni dilettevoli. Di Vinezia, il 15 d’agosto 1542.

DCCLXXVI

A MAESTRO DOMENICO FIORENTINO

Quale entusiasmo lui suscitato con le sue prediche nell’Aretino e in tutta la moltitudine accorsa nella chiesa di San Giovanni e Paolo 1 La vostra lettra, o mio e padre spirituale e amico osservando, ho io tante volte, per la sua grandezza, letta, che quasi la so a mente. Ma fussi io pur tale quale mi giudica, non il giudizio che avete, ma l’amore con cui mi amate con quel vostro fervor