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DCCXXXV

A MESSER FRANCESCO LIONI

Non ispcra piú nulla da Cosimo de’ Medici. A ogni modo, è grato al Lioni e a Ottaviano de’ Medici delle loro esibizioni. È possibile che uno uomo, come voi prudente, come voi esperto e conte voi saputo, continui ancora in persuadersi che io possa sperare ne la mercé di Fiorenza? Se non che io conosco che ciò procede da quella certa bontá che non lascia cadere ne la mente dei buoni cosa che non si convenga a l’onestá, mi dorrei tanto di Vostra Signoria quanto me ne debbo lodare; imperoché ben sapete che è gran tempo ch’io aveva posto silenzio al pensarci, nonché a lo scriverci, e solo per la istigazion di voi ci rivolsi l’animo e la penna. D’il che me ne seguirebbe furore, se non fusse che mi compiaccio ne l’avervi compiaciuto; onde pongo la sodisfazione vostra in cambio del benefizio ch’io dovea ritrarne. Benché mi potreste dire, volendovi scusare circa cotal pratica, che il magnifico Ottaviano ha molestato voi con l’ansia che séte stato molesto a me. che vi ametto ogni scusa, avenga che tutto è causato da la somma riverenza che tenete inverso la degnila del duca e dal grande amore che portate a la condizione mia. Ma, peroché, essendo cosi, debbo piú tosto ringraziacene clic imputacene, non manco di farlo. Intanto confesso la moltitudine dei piaceri, dei quali sempre vi piacque di accomodarmi. Né solo io son tenuto a la generosa Nobiltade Vostra, ma ciascuno che se le la inanzi con qualche ombra di virtú. E di qui nasce che Iddio vi prospera ne la facultá e ne l’onore.

Di Vinezia, il io di luglio 1542.