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mediocre fama. Egli, ch’è di nobile origine e di somma dottrina, ha tradotto l’ottavo di Virgilio secondo l’uso dei vostri versi sciolti ; e ciò gli è parso di fare piú tosto per mostrare che anco gli strani sanno scriver in lingua tosca che per grandezza de la sua commendabile traduzzione. Gran cosa che egli, nato in Candia e allevato in Ispagna, né mai stato nei nostri paesi, parli e scriva come un di noi; onde merita piú lode, ciò facendo, che non meritarebbe qualunche toscano sia, se ben facesse altretanto. Ma, perché il tórre la protezzion dei vertuosi e lo aiutar chi ne ha bisogno è di natura e di costume vostro, so che non mancarete, da che la divozione di si bello spirito l’ha rivolto a dedicare cotale opera a Sua Maestá, di raccomandargliele con uno di quegli uffizi, che portono seco favore e utile. De la qual cosa vi terrò io né piú né meno l’obligo che se l’onorato mezzo di Vostra Signoria mi procacciasse il grado che son certo che Quella vorrebbe ch’io avessi. Egli ha indrizzato il libro sudetto al Glorier, il quale conferirá con voi circa la via che vi parrá che si pigli in giovargli. Ma, perciié la fede, che esso tiene in voi, è grande quanto il vostro potere, è necessario che vi sforziate, intanto, che la facilitá del suo ritraine premio sia dove ella non fusse. Benché il farci suso dubbio è uno ingiuriare la clemenzia del massimo re Francesco, la liberalitá del quale si avanzò sempre sopra il desiderio di chi piú ci fermò la speranza.

Di Vinezia, il io di giugno 1542.

DCCXVI

AL CONTE LODOVICO RANGONE

È oltrcmodo lieto del ritorno in patria del Rangoni, dopo i tanti onori ricevuti in Inghilterra da Enrico ottavo. Io non mi stendo in rallegrarmi con voi degli onori inusitati fattivi, secondo che mi si scrive d’Inghilterra, da la soprana Maestá del re Enrico, per non pregiudicare ai meriti vostri;