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DCXCIV

A LO ILLUSTRE MESSER DANIEL BARBARO

Lodi e congratulazioni per la laurea conseguita

con tanto onore a Padova. Certo che ieri, o mio signore e figliuolo, pascei l’anima de la ambrosia, che in bocca de le proprie orecchie mi pose la dotta e lodante lingua del conte Gianiacopo dei Leonardi. Egli, stupido de la gravitá dei vostri scritti, ne disse quel tanto che esso, che si bene intende, si pensò dirne. Cosa di lui degna e da voi meritata ; benché quanto piú se ne dice men ne vien detto, conciosiachc gli argomenti di Aristotile, le idee di Platone, i precetti di Socrate, le invenzioni d’Omero, Parti di Cicerone e i sensi d’Augustino, con tutto quello che esprimono coloro che il mondo chiama «sapienti», son quasi spiriti che moveno le penne del vostro intelletto. Onde il nome di voi ha talmente incominciato a essere illustre ed eccelso, che la certezza de la vostra gloria è maggiore che qualunche speranza ci abbino gli altri. Intanto chi vi mira scorge in voi quel non so che di divino, il qual conserva in se medesimo il bene de la ragione contra gli imi>eti de le passioni; onde, senza altramente parlarne, diffinite che cosa è virtú morale. E, perché ogni laude consiste ne la speculazione de le cose, ne la temperanza dei moti e ne la conversazione degli uomini, di continuo investigate le cause, le magnitudini e l’eccellenze de la natura, contemplando come ultimo fine di tutti gli studi essa divinitá; e, tuttavia constringendo gli appetiti e le perturbazioni sotto il freno de la ragione, non solo attendete a sempre disporre nei propri commodi le volontadi altrui, ma, con l’aria del vostro volto tacito, per esser ella adorna d’una certa grazia innata, incitate, in chi vi mira, desiderio di reverirvi, nonché di amarvi. Intanto il mondo vi scorge ne le maniere, ne la faccia e nel procedere non pur la dieta, la modestia e la temperanza, ma