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DCLXXXVII

AL SIGNOR VINCENZIO MARTELLI

E i trecento scudi promessi dal principe di Salerno? Per non aver io peranco ricevuto aviso de la lettra che vi mandai per conto dei trecento scudi che il principe mi debbe e che Vostra Signoria si obligò di procurare che mi desse, vado dubitando che le promesse di Sua Eccellenza, le quali solevano esser conviti de la liberalitá, non sieno diventati digiuni de l’avarizia. Infine le voci del silenzio del cor dei buoni passa ne le orecchie di Dio; ma il grido de la bocca dei virtuosi non arriva a quelle dei principi. Di Vinezia, il 25 d’aprile 1542.

DCLXXXVIII

AL MAGNANIMO RE DI PORTOGALLO

Poiché Gian Ambrogio degli Eusebi, di sua iniziativa, si è presentato alla corte di Portogallo in nome dell’A., ricevendo perciò grandissime cortesie, egli non può fare altro che ringraziare il re, e celebrarne le virtú. Ancora ch’ io abbi sempre saputo che il sovenire altrui di clemenzia è propria natura de la massima Vostra Maestade, e benché io sia veramente risoluto che le mie lettere si accettano per care da ciascun signore, non però voleva che mi fusse lecito di scrivere a voi, che sete gloria de la degnitade, reverenzia de la signoria ed essaltazione del regno. Ma non sono andato perseverando nel proposito, imperoché me ne cavava colui che ha esseguito per presunzione quel ch’io non ardiva di pensar per modestia. Lo essere il fuggitivo di me, che adoro l’ombra de la serenissima Corona Vostra, comparso dinanzi ai piè di Quella, mi sforza a mandarle questa, non per altro, che per chiederle perdono e ringraziarla insieme, lo le chieggo perdono