Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. II, 1916 – BEIC 1734657.djvu/162

DCLXXXII

AL RE DI FRANCIA

Esalta Antonio Poiino. Egli non è piú lecito ch’io mi dolga, o cristianissimo Sire, degli agenti de la Maestade Vostra, né piú convienmi, per la indegnazione presa con la trascuratezza di quegli, restar di riverirvi con l’umiltá de le mie carte. Conciosiaché debbo farlo, e perché séte degno de la riverenza del mondo, e perché ne son tenuto, bontá de le sue mercedi. Ma, poiché la proprietá del perdonare pareggia in voi l’atto del donare, mi tengo assoluto non meno de la ingratitudine usata inverso la Corona Vostra che del rancore preso con l’autoritá di cotali ministri. Ma io, a chi mi dimandasse donde proceda questa mia nuova compunzione, risponderei: — Dal prestantissimo avvedimento de l’ottimo signor Poiino, la cui vigilante prudenzia, per via de la destra e tacita sua avertenza, vi fa divoti quegli che vi odiono e non dispera coloro che vi adorano. — Ecco: il moderato, il sollecito e il cauto gentiluomo; ecco, dico, il veramente degno de la grazia del re Francesco, non prima intende il patire di me, umiliimo vostro servo, che mi soccorre con i doni, mi consola con le promesse e mi intertiene con i favori : onde me lo ho in modo fitto ne l’anima, che non so chi mai ci terrá dentro luogo maggiore. Ma, da che non posso altrimenti onorarlo, prego Iddio che ognor gli accresca grado nel sacro intento de la serena mente vostra. Intanto sieno felici i suoi andari e, ne lo adempiersi i voti de le facende che egli promove, prosperi in sanitá e in vita. Conciosiaché le virtú e le fatiche di lui mentono di conseguire, in gloria de la celeste Vostra Altezza, la somma di quel che ho detto, col supplimento di ciò che io non so dire. Di Vinezia, il 14 d’aprile 1542.