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ché, per Dio, è suta maggiore la maraviglia da me presa nel non sentirmi far motto da le carte vostre che la indegnazione che vi ha commosso per la risposta che non vi ho fatto di quel ch’io non so. Benché, senza scrivere e senza altro, né voi né io mancará mai de la solita fratellanza. Ma debbesi però pensare che per me si sia stimato che Tossa di messcr Bastiano abbino a rimanersi in Francia? Ben sapete che il costi trasferirvi non fu di mio consiglio né di mio contento, peroché, nel disuadervi l’andata, me ne dolsi finché ve ne andaste. Io non dico ciò per imputare il re circa le virtú e i virtuosi, conciosiaché Sua Maestá grandemente le apprezza e generosamente gli premia. Ma ciò favello, avenga che la Gallia ha oggidí un solo splendore di magnanimitá sopraumana e di gentilezza immortale, il quale è Francesco primo, la cui mansuetudine è stata fino a qui cibo di qualunche persona d’ingegno gli è comparita inanzi, onde ognun solea partirsene consolato. Ma, dapoiché si reai domestichezza è insalvatichita per causa e dei negozi e dei ministri che la disturbano e la vietano, non è uomo che non se gli desperi dirietro. Si che chi non ha anni da gettar via, se ne può ritornare a casa. E con questo vi lascio, pregandovi che vogliate salutarmi non meno la onesta e prudente madonna Francesca, a me sorella osservanda e onoranda, che la nobile e buona signora Giulia, mia figliuola amantissima e cara. Di Vinezia, il 11 d’aprile 1542.

DCLXXIX

A MESSER NOFRI CAMAIANI

Nessuna maraviglia che i cosi detti amici godano piú nel sentir criticare che nel sentir lodare le sue opere. Di ciò egli si dá tanta cura quanta delle scioccherie che gli scrive contro Niccolò Franco. Poiché mi dimandate, ne Tultimo de la lettra che mi scrivete, da che nasce che fino a certi, che mi si dimostrono amici e ch’io tengo per fratelli, ancora clic sappiano che le nostre opere sieno di pregio, giubilano piú tosto udendole mordere che