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la magnanimitá de la superbia. A venga che la veritá de l’una è dono di natura, e la dimostrazion de l’altra alterezza d’arte; e però il generoso sta ognora ne la sinceritá dei fatti e l’ambizioso move tuttavia con la vanitá de le apparenze. Onde non è magnanimo chi vòle essaltarsi per opra de le pompe e dei conviti, ma quello che si acquista cotal nome col favor de la modestia e de la liberalitá. Ed, essendo cosi, il mondo è obligato a chiamar magnanimo voi, si perché la vostra mente, non mai rimossa da la bontade solita, tanto si condole con il rispetto che non vi chiede, quanto si congratula con l’affetto con cui donate; si perché potete sopportare nei casi avversi ciò che è impossibile a soffrir di pensare nei successi prosperi. Talché a Roma, a cui vi dimostraste come felice ne le miserie e come beato ne le calamitá, par menzogna a dire e stoltizia a credere che alcun vi abbia mai tradito e mai posto in prigione. Egli non par da dire che il tradimento vi sia suto essercitato sopra, conciosiaché, mentre ognun vi tradiva, le vostre istesse virtú vi erano talmente fedeli, che si poteva giurare che niun vi tradisse. Né anco par da credere che aviate patito nel carcere; peroché la constanzia e la gravitá vi monirono in modo dei lor presidi, che, benché il corpo stesse rinchiuso, l’animo vostro, oltra l’essere stato sempre libero, nel vedere la rovina, il precipizio e il pericolo de la vostra facultá, de la vostra fama e de la vostra vita, non si lasciò pur un poco fendere, nonché in tutto spezzare. Per la qual cosa la innocenzia di voi, mercé di Dio, ha fatto capaci gli uomini non solo del torto fattole da la ingiustizia, ma del non bisognarle punto Io aiuto de la misericordia. E di qui vien, a onta de l’avarizia e de la invidia, cagioni e ministri dei vostri danni, che i buoni sperano di basciarvi un giorno il piede, come ora vi bascian le mani. Intanto godetevi i frutti de la predetta magnanimitá, da che voi possedete ogni sua circunsianzia si perfettamente, che, in grado de la gloria di lei, riserbate tanto di ricordanza ne la somma de le ingiurie fattevi, che basta a cavar da quelle l’atto del perdonarle.

Di Vinezia, il 19 di decembre 1541.