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DCXLI

AL SIGNOR NICANDRO DI TOLETO

Pigro, come è, bandirebbe volentieri da casa sua i calamai, se i príncipi, per soccorrerlo, non lo obbligassero a imbrattar carte. Si come dal Priscianese, uomo di conversazion gioconda e di dottrina chiara e di vita modesta, ho ricevuto le lettere che mandate a lui e le carte che scrivete anco a me, cosi ebbi giá da voi, che séte persona di costumi buoni, di scienza somma e di condizione degna, con le carte che scrivavate a me, le lettre che mandaste anco a lui. E, se io a tutti due non ho risposto qual meritate e come io debbo, incolpatene la poca volontá del mio far bene, e non il gran desiderio del mio sodisfarvi. Certo ch’io tengo un voler ottimo circa il visitarvi spesso per cotal via ; ma lo metto male in essecuzione, perché la penna mi è talmente in odio, che piú tosto la forza del bisogno die il peccato del perdere il tempo mi induce talvolta a prenderla. E, se i principi, che non mi disperano, col darmi nulla, perché io non gli vituperi, e non mi consolano, col porgermi a bastanza, a ciò non me ne facci beffe, tenessero la strada di mezzo, onde io non avesse ad imbrattare i fogli per intertenere la sbregliata mia prodigalitá, ai cui esiti non supplirebbono le zecche del mondo, credo che sbandirei i calamai da lo studio ne la maniera che ho sbandito da la mente il pensiere de lo accumulare. Si che pigliate da lo scriver di me quel tanto che ve ne invia il ghiribizzo, rendendovi però sempre sicuro ch’ io vi amo con affezzione non men sincera che grande.

Di Vinezia, il 9 di novembre 1541.