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interponevi con le bizzarrie tra ’l vostro presente e la mia aspettazione. Adirinsi le volubiltá di lui con le sete e con gli ori, che gli defTraudano le gabelle, e non con i casci e con le salsicce, che gliene pagano. Ma egli potrebbe dire; — Corúcciati coi venti, che mi conturbano, e non con meco, che ho piú rabbia de le lor burrasche e dei suoi combattimenti, che tu non hai stizzii circa il guastarsi e de le salsicce e dei casci che ti si portino. — Certo che esso tien ragione a dirlo, peroché non di lui, ma di loro è la colpa; solo eglino comportano che io non mangi qui quel che non posso mangiare in Rezzo, e forse che non ho voglia. Conciosiaché ad altri pare ricrearsi con la patria, si aviene che, lontano da lei, si assaggino de le frutte, che sono ivi piti eccellenti. Come si sia, io non altrimenti l’accetto che se colali cose fussero non pur fresche nel modo che si partir di costi, ma una mercé reale. Peroché, dove mancasse la qualitá del dono, supplirebbe la mente del donatore, la cui bontá ho io impressa nel petto fin da la sua fanciullezza. E piaccia a Cristo che viviate, da che le magnificenzie vostre non pur servano il grado de la nobiltá propria, ma sono ornamento de la cittá ne la quale siamo nati.

Di Vinezia, il 4 di novembre 1541.

DCXXXIX

A MESSER MARIANO BORRO

Falso che le proprie composizioni sietto sciocchezze; falso che non sieno farina del suo sacco; falso ancora che egli sia consumato in ogni scienza. Vero soltanto che egli possiede un ingegno esuberante, che non ha bisogno dei sussidi dell’arte. Scuse se non scrive troppo frequentemente. Ancora che ne la natura degli uomini non sia industria maggiore di quella con cui s’ingegnano d’ingannar se stessi, egli è però in me una certa conoscenza di me medesimo, che non consente ch’io accetti alcuna lode soperchia. Questo parlo a