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CCCLXXXVIII

AL MESSER GIORGIO PITTORE

Che bella roba il Vasari gli ha mandata in dono ! Io, insieme con le vostre lettre, ricevei i dui capitani, ritratti da voi, a petizion mia, da le sepolture del duca Giuliano e del duca Lorenzo, i quali mi son piaciuti assai, si perché avete saputo ritrargli, si perché vengono da lo iddio de la scoltura, de le cui mani celeste ho visto lo schizzo de la santa Caterina, che disegnò sendo fanciullo. E ben si vede in si alto principio, tutto pieno di maestá e di sapere, che tali dote son concesse da le stelle rade volte agli uomini. E chi non si stupiria, vedendo l’orecchia cosi minutamente finita di lapis? Dicono i pittori, ai quali l’ho mostrata come reliquia, che solo chi l’ha fatta la potria fare. Io mi conversi in tutti i gesti de la maraviglia tosto che la vidi; ma, ne lo aprir de la cassetta, mandatami dai Giunti, dove era la testa d’uno degli avocati de la gloriosa casa dei Medici, lo stupore mi tenne buona pezza immobile. Ma come è possibile che l’Eccellenza d’Alessandro, per compiacere a un servo di quella, consentisse di privarsene? Io ho paura a guardarla e a lodarla, si è ella venerabile e mirabile. Che berli di barba! che cioche di capegli! che maniera di fronte! che archi di ciglia! che incassatura d’occhi! che contorno d’orecchie! che profilo di naso e che sfenditura di bocca! Non si può dire in che modo acordi i sentimenti che la fanno viva; non si può imaginare con che atto ella mostri di guardare, di taccere e d’ascoltare. Il decoro de la sacrosanta vecchiezza si scorge nel sembiante suo ; ed è pur creta scolpita con le dita de la pratica in pochi tratti. In conclusione, lo stile del grande uomo è lo spirito de l’arte: perciò le figure da lui scolpite e dipinte parlano, muovono e spirano. Né solo io ho superbia di aver ciò che di suo mi avete, con volontá del signor nostro, mandato, ma se ne vanta tutta questa inclita cittá. E,