Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. I, 1916 – BEIC 1734070.djvu/59

mandarono al re di Francia. E, caso che la lusuria faccia de le sue, rafrenatela con lo scarpello e con la mazza; e, se ella pur vi tenta, se ella pur vi scappa, ricordativi, non come che «chi ha mani ha dive», ma che «dove è un marcello è il chiasso». E anco giova al grillo dei suoi ghiribizzi il dar due giravoltine da Rialto a San Marco, beccando su le nuove de la tregua fatta a Nizza e del concilio disfatto a Vicenza. Or veniamo da cotante consolazioni vostre a una de le desperazioni mie, perché non sommarebbe la lor infinitá la tariffa del Manente. Io non parlo de l’essere crocifisso ne la fama, né truffato nei conti, né rubato ne la spesa, né svaligiato ne le casse (che son babbole), ma de la crudeltá con la quale mi ha assassinato Ambrogio. Ma fusse ella fornita qui! Io tengo per fermo che a far ciò non lo possa aver mosso altro che la superbia, la quale è proprio di coloro che, fatti arroganti da qualche poco d’ingegno, si stimano piú degni di comandare che di ubbidire. È vero che mi pare esser vendicato di lui con il supplizio d’una moglie, ch’io gli ho fatto tórre, dolendomi che non posso apiccargliene un’altra a le spalle, onde egli tuttodí trottasse dal purgatorio a l’inferno e da l’inferno al purgatorio. E, per tornare ai servidori, sapea ben ciò che diceva un vescovo, che era il zaffo dei preti. Egli, stando in caso di morte, disse al frate, che lo tormentava con i ricordi de l’anima: — Io non istimo il satanasso un bagaro, se in casa sua non si tien garzoni. — Giannozzo Pandolfini fece voto d’ammazzarsi, s’egli scampava d’una sua malattia, solo per non aver mai piú a tener famigli, avendone uno, che, oltra agli altri strazi, rompeva di e notte il capo de la sua febbre col suon d’una ribeca. Si che beato voi, da che ne le opportunitá necessarie usate in servigi e gli uffici di servitore e da padrone !

Di Vinezia, il 25 di giugno 1538.