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dove mi onorò, lodará il mio riconoscergli amici e i piaceri. Onde vi prego, per la caritá de la benivolenza, che mi ternate per quel che teneste lui: ché saria pur troppo, s’io rimanesse sotto a si gran perdita, peroché, dove manca il legame del sangue, suplisce la catena de l’affezione. Io, senza saper altro dei vostri costumi e de la vostra natura, son certo che gli séte figliuolo; e la gentilezza, che traete dal suo gentile essere, vi mosse ad amarmi, come il gran Giovanni de’ Medici, eterna memoria, ed io ramammo, ma con sorte diversa, perché la conversazione di Sua Eccellenza gli era d’onore e di grado, e la mia d’osservanza e di piacere. Ora attendete ai servigi del Cardinal Santafiore, assicurando ne la sua nobilita lo spavento in cui vi pongono i tre anni di servitú ; avenga che è pazzia quella d’un cortigiano che si dispera, sapendo pure che la corte ebbe la ingratitudine per influsso. Egli si dovria stupire, non del servire indarno, ma del non servire invano. Dipoi a l’arbore de la speranza di chi serve non è assegnata stagione, peroché i suoi fiori maturano i frutti in tempo non aspettato.

Di Venezia, il 23 di giugno 1538.

CCCLXXII

A MESSER SIMON BIANCO

Beato lui, che vive solo, senza domestici! Egli, invece, è loro vittima, e Gian Ambrogio degli Eusebi gliene ha fatte d’ogni colore! A me, che non cambiarci il fatto mio con un mezzo duca, è venuto mille volte fantasia d’esser voi, non tanto per conoscervi da ben persona, buono scultore e ottimo amico, quanto perché sapete stare al mondo senza starci e, standoci e non ci stando, farvi beffe di chi ci sta meglio e di chi ci sta peggio; e, vivendo a la carlona, fuggite la compagnia in casa e cercatela