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goderle, la mattina che elle giunsero, si unse con l’olio santo. Né vi posso scrivere altro, per la compassione che io ne ho.

Di Vinezia, il 4 di giugno 1538. *

CCCXLIV

AL PAPA

Si augura che il suo intervento al convegno di Nizza valga a ristabilire la pace tra Carlo quinto e Francesco primo. Padre beatissimo, la cagione, che vi ha mosso da Roma a Nizza, è la piú gloriosa di quante ne occorsero mai da che i pontefici fur vicari di Cristo. Ella è il decoro del grave dei vostri anni, l’ornamento del sacro del vostro grado e il diadema del santo de la vostra vita. E, perché basta solamente si fatta dimostrazione a strangolare l’eretico del grido luterano, il popolo fedele vi loda d’aver pensato di andarvi e ringraziavi di esserci pur andato. Ma, sendo spinto costi da l’opra de l’istessa bontá, prendete le chiavi che vi sostengono il regno, e, volgendole col soave de la sinceritá, aprite il magnanimo petto di Carlo e di Francesco, accioché l’altezza dei lor cori abassi chi ci perseguita e percuota chi ci minaccia. Il terribile de la chimera, che occupa tanto del nostro mondo,% simile al terremoto, che, mentre ci scuote, si risolve tremando. Anco il folgore si profonda nel maggior furore, senza altro farci coi suoi terrori. Ma la potenza di Vostra Beatitudine e di Lor Maestá, accresciute da l’armi e da le navi serenissime, paiono il mar oceano, che, agitato da le forze de le sue tempeste, ingiotisce fino agli scogli interi. Io, se non che egli è debito, direi che fosse biasimo de le spade cristiane di apresentar le punte inverso la viltá de le turbe inesperte di Macometto. La inumanitá dei turchi è una ignoranza sollevata da la ferocitá de la superbia: onde non brama onore e non teme vergogna ; e, per non gustar caritá