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DXLIV

AL SIGNOR CESARE DI GENARO

Si congratula per l’ammissione del De Gennaro nella nobile compagnia veneziana della Calza, della quale gli è stato inviato il distintivo fino a Napoli, e lo incita a recarsi a Venezia e porsi ai servigi della Serenissima. L’onore, che vi ha fatto la onorata sozietá dei Cortesi solo con lo avervi onorevolmente ricevuto ne lo splendido suo collegio, è si grande, che la Fama dimostra sommo piacere nel divulgarlo. Talché questa cittade, alma per la bontá, singular per la bellezza e felice per il sito, si* reca in gloria l’udirvi commemorare ne la vera fratellanza di cotanti gentiluomini suoi. Onde io, che tanto vivo quanto veggo pur una ombra di qualunche atto egregio, me ne rallegro con la magnanimitá di tali e me ne congratulo con la grandezza vostra. Io ne faccio festa con loro per la lode accresciutagli da si chiara elezzione, e ne giubilo con voi per il nome acquistatovi da si degno grado. Ma, se l’essere servo de la nobiltá veneziana, come le sono io, è d’illustre riputazione, che cosa è il vedersela compagna nel modo che se la vede il buon Cesare? Voi devete veramente preporre cotal ventura ad ogni altra sorte, tenendo il dono de la calza, luminosa per i raggi del sole impressoci da l’artificio, quasi testimone del merito di voi medesimo e come pegno de la gentilezza di questi miei padroni. Riguardando a la differenza che è dal mandarvela a Napoli a l’ottenerla qui, certo che ella è un bel presente a chi se ne adorna in si inclita terra, e il receverla in casa sua è di estremo vanto. Or piaccia a Dio che vi nasca un pensier ne la mente, che vi meni a visitare la celeste gioventú che vi aspetta, acciò comprendiate con che affetto, con che valore, con che gravitá, con che letizia, con che pompa e con che trionfo si moverá ad abbracciar voi, che séte uno dei piú rari sforzi de la natura e dei piú cari amici