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CCCXLII

AL RE DI FRANCIA

Adatta la lettera cccxl alla nuova situazione politica, creata dal convegno di Nizza. Ottimo sire, io non so se mai piú per conto di Cristo si aboccò o se mai piú si aboccará un si buon pontefice, un si alto imperadore e un si gran re. So bene che nel divino aboccamento la bontá vostra infinita, per non preiudicare a la religion dei suoi predecessori, nel conchiudere ciò che si dee e ciò che si spera, si ornará di tutta la laude che dee ritrarsi dal sacro maneggio. Ecco, sire: la Fortuna, che tanto teme la potenza del vostro avere quanto la grandezza del vostro potere, confessa che tutti i sinistri de l’imprese galliche sono proceduti da lo smisurato de la sua naturai bontá. Ella vi cambiò tuttavia gli ordini e tuttavia vi mutò gli stili. Voi, per ubbidire al costume reale, trattaste ad ogni ora casi facili e materie aperte, consentendo sempre agli intertenimenti de le proposte concordie. Adunque, se le dolcezze del vostro animo han causati si magnanimi effetti ne le faccende particulari, non doviamo noi credere che gli causarete ne l’azzioni de la fede ancora? È impossibile che colui, che sa vincere i principi con la liberalitá come le terre con l’armi, indugi a rimettere i suoi dritti in Dio, non avendo mai indugiato ad acquetare i lor torti agli uomini. Ben si sa che voi, che con la piacevolezza fate umili le genti fiere e con la cortesia serve, non comprendete atto che piú vi si convenga che il volere quel che brama la cristianitá. Si sa anco che non conoscete stato che sia piú vostro del premio che, per si fatta caritá, avarete del paradiso. Onde siamo certi che le richieste di Sua Beatitudine e il consentimento di Sua Maestá, mescolato coi preghi di San Marco, non sudaranno molto a movere la vostra tenera volontá. Non si nega che la natura degli acordi del mondo non simigli le