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vinto con la liberalitá. Certamente, come non si vede bellezza uguale a la speranza (benché niente, salvo in Dio, è da sperare, e ogni cosa bisogna che si speri), cosi non si comprende eccellenza di virtú, che tiri con seco piú illustri principi e piú chiari mezzi de la vostra. Né altro manca, a farle gloriosi i fini, che moderare il semplice de la fede, usando l’inganno e la simulazione, quasi scorte de le facende militari. Quante palme avete voi fatte splendere ne le mani mimiche per colpa di cotali andari? e quante se ne son viste cadere spente de le vostre per procedere altrimenti? Chi vi tolse il possesso d’Italia, sendo Carlo in Affrica? la bontá, di chi séte figura. Chi le forze ottomane, nel lor trasferirsi fra i cristiani? la bontá, di chi séte erario. Chi lo Stato di Milano, passando voi in Piemonte? la bontá, di chi séte tempio. Adonque datele gli spiriti de l’astuzia col fiato de l’audazia, perché le sue cortesie mantengono, ma non acquistan gli imperi. L’interesso del regnare non riguarda punto al dritto, il sacramento non è conosciuto da lui, egli non si lascia piegar da le lusinghe de l’onestá e, finché entra in signoria, ogni divèto gli è lecito e ogni biasimo lode. Dominando, poi, dee ben l’uomo transformarsi ne la mansuetudine de la bontá e, temendo la conscienza de l’anima e l’infamia del nome, ritornare ne la sinceritá dovuta, caminando per Torme de l’inclita Maestá Vostra coi piedi de la clemenza.

Di Venezia, il primo di maggio 1538.

CCCXLI

A LO IMPERADORE

Lodi a proposito del convegno di Nizza. Sacrato Augusto, la prestezza, che tutto sincero vi ha trasferito a Nizza, ha tratta la lingua a la Invidia, la quale, benché sapesse che il termine, dove séte, attende solo a terminare la pace cristiana e la guerra turca, argumentava che non vi ci