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e vi giuro, per l’amore ch’io porto a la benignitá vostra, che ella molto ben dimostra di non esser parto di vena mediocre. Ma non vi pareva egli che mi fosse d’assai obligo il ricevere d’una si fatta pistola, senza la giunta dei tre sonetti usciti dal sacro, dal gentile e dal pelegrino intelletto de la signora Maria? Veramente la etá di noi non sará men risguardata dai secoli futuri che per noi si riguardino i tempi che produssero gli ingegni antichi; e credasi pure che la lode di Safo ha inferiore al grido di cui è degno il bello andare de la chiara Spinola, de la famosa Gambera e de la eterna Pescara. Ecco che le muse consentono che l’armonia dei canti loro si facci udire negli inchiostri di si alte madonne, accioché il mondo gli inchini come ad un altro Bembo, ad uno altro Alamanno e ad un altro Molza. Che sa piú il Sanazaro, che tanto seppe, di ciò che ci fa vedere lo stil pastorale di colei, che, con gloria di Pavia, cresce lume a lo splendor d’Italia? Affatighinsi pure i professori dei versi e de le prose, percioché il giudizio dei di nostri è tale, che ben ne va colui che invece de la sperata laude non sente vituperarsi. A me pare che quegli, che non torcono il viso a le mie opere, mi ponghino il nome in cielo. Ma, se cosi pare a me, che debbe parere a voi, che tuttavia udite celebrare i sudori dei vostri studi? Attendete adunque a scrivere e, scrivendo, affissate il guardo de l’animo nei raggi degli occhi venerei, che senza dubbio il canto poetico è fiato di Cupido. E, benché la bellezza tiranneggi la libertá de lo spirito e del core, ella è perciò materia necessaria a l’altrui penne, le quali fanno miracoli quando amore ci predomina con affetto piacevole, con forza dolce e con potenzia soave. Ora state sano e perseverate in amarmi, da che le antiche affezzioni sono massimo ornamento de la vita e unico tesoro de la virtú.

Di Vinezia, il 28 di febraio 1540.