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è tenuto a riferir grazie a Dio, che lo mantiene vivo in quel modo che piace a la bontá sua, quanto gli son tenuto io, che per dono di lui niuna sanitá ebbi ne la prospera gioventú, che non la provi ne la etá presente! Egli è certo che, se io fussi insieme con Vostra Signoria a godermi de la piacevole conversazione del mio messer Francesco Bacci, affetto de l’amicizia e spirito de la sozietá, quel medesimo mi vedreste, circa le ciance e il praticare, ch’io era di venti anni. Ora, perché la benignitade vostra aguagliò sempre la degnitá del sangue suo, non vi increscerá di raccomandare lo essere anch’io di co testa patria, oltre al magnifico Gualtieri, a qualunche altro ha caro che io ne sia.

Di Vinezia, il giorno d’ognisanti 1539.

CDLXX

AL CARDINAL DI LORENO

Poiché è la terza volta che gli chiede i cento scudi promessigli due anni addietro, si augura che il cardinale voglia una buona volta consegnare, raddoppiata, una tal somma a Gian Ambrogio degli Eusebi. Se voi, monsignore illustrissimo, séte quella persona gentile, quello uomo cortese, quel signore ottimo, quel principe magnanimo e quel Cardinal reale, che per tutto il mond’ha fama di cosi essere, i cento scudi, che, quasi due anni sono, mi donò la parola de la vostra spontanea volontade, si daranno al presente al mio creato a doppio, perché un compagno d’un re e di re nato, facendo altrimenti, offenderebbe la grandezza de la societade e la degnitá de l’origine. Non è lecito che la virtú si dolga del buon Loreno, il cui animo non debbe sopportare che la meschina mandi tre volte d’Italia in Francia per si piccola mercede; o, se pure il patisce, rifacciale talmente i danni, che ella sia sforzata a ringraziare lo indugio, che la move a dolersi de la tardanza. Mi sa peggio cotal lunghezza per il biasimo che ne resulta a la vostra benignitá, che per il disconcio del mio bisogno. Ma perché non mi ha fatto si vii