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è di vostra sorte e non di vostra disgrazia, percioché è dato di sopra che lo erede cesareo regni solo; e, non ci essendo piú che un mondo, è stato di necessitá che il nobile bambino si coroni in cielo. Adunque la Vostra inclita Maestá, la quale si dee piú tosto rallegrare de la strana occorrenza che lamentarsi del grave successo, riordini il colleggio dei suoi eccellenti pensieri ne la capacitá de la propria mente, e poi rechisi ad ascoltare con che grido i sopraumani ingegni consacrano al sempiterno de la eternitá il glorioso nome de la immaculata Isabella, le cui ossa reverende saranno pompa de la fama, tesor de la lode e onor dei secoli. Ed è ben degno, poiché niuna cosa l’ha simigliata, perché tutto quello che è, o è piú di lei o è meno di lei. Ciò, che è piú di lei, è la Vergine sola; e ciò, che è meno di lei, è tutto quello che non è la Vergine. Onde si potè quasi dire che in lei non peccasse Adamo.

Di Vinezia, l’ultimo di maggio 1539.

CDXL

AL VESCOVO D’ISTRIA [Pietro Paolo Vergerio] Chiede scusa se non si affrettò ad andarlo a salutare, quand’egli passò per Venezia. Invia copia della lettera precedente. Egli mi fu, monsignor mio, stando ne lo studio, posta in mano una poliza di Vostra Signoria, la gentilezza de la quale mi avisava del suo pur alora esser giunta in questa cittá, con animo perciò di andarsene a far riverenza al Cardinal reverendissimo; e il mio non vi rispondere se non che verrei a inchinarmivi, causò dal credermi che il Vergerio non avesse posto ne la sollecitudine d’un momento lo arivar qui e il di qui partirsi, imitando lo in un punto del balenare e del tonare. Ma ricevei poi le vostre lettre non senza rossore de la propria pigrizia, le cui trascuratezze mi rimprovarorono il vostro far l’uficio