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CDXXXV

AL MESCHINO

[Gian Andrea Albicante] Gli rimprovera acerbamente di essersi servito del suo nome per iscrivere lettere diffamatorie contro Carlo quinto e Cesare Fregoso. Io, ser uomo, quando udiva dire che voi tanto mi amavate e lodavate quanto si può amare e lodare un amico, me lo credeva. E, mentre me ne andava preso a le grida, sento scapparvi de la penna in mio nome due lettre, una contra la fama di Carlo imperadore, l’altra in pregiudizio de l’onore del signor Cesare Fregoso. Onde dimostraste in si fatte ciance presunzione, viltá e malignitade: presunzione, in credervi d’aguagliarmi ; viltá, per non vi bastar l’animo che esse uscissero fuora col titolo vostro; e malignitá, pensandovi pure che per cotali filastroccole io devessi restarne rovinato. E non ve ne scusate, perché la scusa de le publiche asinarie è mitera de Io sfacciato dei gaglioffi. Ma voi séte piú aventurato che savio; e ciò testimonia il vostro non esser suto corrivo circa le lusinghe, con le quali vi scrisse il conte Guido Rangone per tirarvi a lui. Credetemi, misser mio, che, se ci andavate, vi era fatto un malo scherzo da le forche. E certo me ne sarebbe incresciuto, perché un pazzarello merita piú tosto il bastone che la cavezza; e cosi i cervellini e i goffi, col vostro essempio, avrieno imparato a starsi nei lor panni. Come se sia, valetivi pur di me, ché tale vi voglio essere per lo avenire quale vi sono stato per il passato. E, mentre il mio sdegno si risolve in fumé, piacciavi dire al signor Gianbattista Visconte che io l’osservo con piú affezzion che mai.

Di Vinezia, il 29 di aprile 1539.