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e l’ignoranza altrui vói parer (Tesserci, ella cerca di contrafarmi la voce. Si che toglietevi da cotale impressione, e non ingiuriate la mia innocenzia, con riputazione de la malignitá, che v’ha riportato il falso. Or ditemi se voi credete che ciò non fusse pervenuto a l’orecchio del vostro duca e de la vostra duchessa d’Urbino, quando pur io l’avessi detto; ed, essendogli noto, hassi a pensare che facesser per me apresso di voi opere si calde? Ma io torno a la consolazion presa del vostro farmi dire che non séte chietina, quale io mi stimo. Certamente io ve lo credo, perché la scienza, di che la natura v’ha dotato la grandezza de lo intelletto, sa bene che il premio, che si cerca ritrar da Dio per causa de le buone operazioni, non consiste nel muto de la favella, nel chino degli occhi, né in l’aspro de l’abito, ma ne la mente pura, ne la elemosina larga e ne la conscienza vera. Il principe, che si mostra quasi padre dei sudditi, diventa figliuolo di Cristo ; onde dee rallegrarsi la faccia con il prò che fa al corpo la salute de l’anima, e ingrassarsi, con tal letizia, il magro del digiuno. E tengasi il collo dritto, mentre si serve a Giesu ; ché guai a chi lo torce con la circonstanzia del parere e non con l’effetto de Tessere !

Di Vinezia, il 5 di genaio 1538.

CCCXXIX

A MESSER NICOLÒ BUONLEO Loda Ercole II d’Este, che gli ha donato una coppa d’argento dorato. La gran coppa d’ariento, si ben dorata, che non si conosce, dei due metalli, di quale ella si sia, che, per segno che la mia servitú gli è accetta, mi dona il signor vostro, ha rallegrata la fede ch’io tengo ne la sua cortesia e confermato l’animo ch’io ho di sempre osservarlo. E quel che piú mi consola, è una gara vinta contra alcuni, che non volevano che la virtú né la bontá dovesse sperare ne la generositá e ne la