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Egli era il corpo de le esperienze, egli era i membri degli stratagemi, egli era fiato e dio de le avertenze. Seppe il terror fuggir dei casi estremi, 65 e le sedizioni enfiate e dure estinse con la spada e coi proemi. Dei paesi conobbe le nature, e da sé con prestezza ognor rimosse l’insidie, gli aversari e le paure. 70 Mai orror di perieoi non lo scosse, mai temenza inimica noi ritenne, né indarno mai pur una squadra mosse. La fatica e ’l digiun fermo sostenne, la notte gli fo’ di letto il terreno, 75 o vinse altri o d’altrui il vincer tenne. Pose ai desir religioso freno, ai nimici appari sempre audace, e sempre ai suoi d’ogni clemenzia pieno. Tempesta e calma di guerra e di pace, 80 veramente puote chiamarsi Urbino, e spirto illustre del tutto capace. Ei seppe i campi mettere in camino, seppe fargli pugnar, seppe alloggiargli, e seppe vincer gli uomini e’1 destino. 85 Tal che Italia devrebbe consacrargli in questo ed in quel luogo altari e tempii, e mete ed archi e colonne drizzargli. Fati rei, sorti inique ed influssi empii, gran carco fate a la bontá de’ cieli, 90 dando di voi si scelerati essempii. Dovria salvarsi dagli ultimi gieli un Francesco Maria, un capitano giá mosso a trionfar degli infedeli ; non che toccar con accidente istrano 95 la magnanima sua lucida vita, riputazione del genere umano.