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dicesse come mi hanno onorato una cenetta, che, apunto la sera che me gli mandaste, dava a non so che signora, vi verrebbe voglia di essermi largo d’altretanti accioché, invitandola una altra volta, io mi acquistassi nome di gran maestro. Ora io ve ne ringrazio nel modo che sempre feci di ogni vostra dimostrazion d’amarmi; il che è stato moltissime volte, avenga che sono infiniti gli oblighi che io vi tengo nel processo di piú di trenta anni che siam fratelli, non pur amici. Ma piaccia a Dio che le parole, con cui lo confesso, si convertano in effetti; onde si possa vedere che tale è il mio animo in beneficarvi, quale è il vostro core in amarmi. Intanto attendete ai servigi del duca Guidobaldo, e nostro comun padrone e speranza de la gloria d’Italia.

Di Vinezia, il 28 d’agosto ’1538.

CDXVI

AL SIGNOR MUCCHIO DEI MEDICI

Gli manifesta gratitudine pei benefici che continuamente ne riceve. Se la pessima condizione del di d’oggi facesse alcun segno di migliorare, overo se la etá, che mi caccia inanzi, mi risospegnesse indietro, ardirei dirvi che forse potrebbe venir tempo, che per me vi si pagarebbe parte di quel debito, che hanno con la discreta Umanitá Vostra le intrinsiche carni mie. Ma, non ci essendo punto di speranza da l’un lato né da l’altro, supplisca il desiderio che io tengo al defetto de l’obligazione ch’io vi ho. Ma perché vói la fortuna che voi, che non vi séte mai prevaluto di me in conto veruno, mi usiate si larghi termini? e chi sempre si prevalse di ciò che è in me in ogni interesso, mi perversi con si misera ingratitudine? Benché non sono in tutto infelice, da che ne la serenissima e inclita vostra casa pur si trova chi sa quel ch’io sono; onde me ne do pace.