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ornarsi di me. Il mio vero e la mia virtú, che non potè mai sofferire la menzogna che la pasce, né il vizio che la regge, ha pur grado appresso di tutti i principi del mondo. Gli imperadori non sono papi, né i re cardinali: perciò godo de la grazia loro e non del favore de la ipocresia, roffiana de l’anime. Ecco Chieti, parasito de la penitenza; ecco Verona, buffon de la religione: essi hanno pur chiarito il dubbio in che l’ambiziosa simulazione teneva sospesi quegli che si credevano che l’uno non accettasse il cappello e che l’altro noi cercasse. Né per atto cosi publico si rimangono di non volere essere arbitri de l’altrui vita e ministri de l’altrui conscienza. O Cristo, quando sará che il loro stato se muti nel nostro e il nostro nel loro? Sia quando si voglia, ch’io mi contento di quel che sono, ringraziando Iddio, poiché non mi si raggira intorno l’odio de la servitú né il rancore de l’avarizia. Io non rubo il tempo di niuno, né mi compiaccio nel vedere altri ignudo; anzi participo coi miei fino a le camisce di dosso e i bocconi di bocca. Le mie fanti mi sono figliuole e i miei servitori fratelli. La pace è la pompa de le mie camere, e la libertá il maggiordomo de la casa mia. 10 mangio del continuo pane e letizia; né desiderando d’essere da piú ch’io mi sia, mi vivo del sudore degli inchiostri, il cui lume non ha perciò potuto spegner il vento de la malignitá né la nebbia de la invidia. Certo, se io fussi ambizioso, mi potrei attribuire il titolo di felice. Né ciò dico per avermi saputo procacciare salute a la vita e degnitá al nome, né per essermi vendicato de le offese fattemi con la riputazione acquistatami ; ma per non avere ritratto nulla da due pontefici che io servii, 11 cui tradimento è il testimonio de la mia bontá, spolverata sul cartone di la vostra. Io confesso il principio che quella mi diede, vantandomi che il fine servará il decoro del mezzo, nel quale or seggo in grembo de la buona fama col favor di sopra. E, come io mi sia e quale io m’abbia a essere, sono e sarò del mio libero, fedele e ottimo Gabriello, il quale amo da fratello e osservo da padrone.

Di Vinezia, il 17 di agosto 1538.