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al variar de la sorte, si dee chiamar fortunato ; conciosiaché participa di felicitá uno animo che si contenta del suo stato. Imperoché un poco piú o meno importa quanto il dar de la dritta o no; e, nel sopragiugner del sonno, tanto è sottoposto agli atti del sogno un re quanto un servo, e però quello, dormendo, talora diventa misero e questo beato. Insomma, attenda l’uomo a non far cosa indegna del suo grado, tema e ami Iddio e il prossimo, né tenti ciò che non si dee, né brami quel che non si può. Nel resto, poi, segua come ella vòle.

Di Vinezia, il 14 d’agosto 1538.

CDVII

A LA MAGNIFICA MADONNA MARIETTA DI LAZZARA

Scuse; lodi e augúri a lei e al vecchio amico Ferraguto di Lazzara. Egli è si fattamente grande il rossore che mi accende le superficie del volto tuttavia ch’io penso a la causa che, quale uomo stolto e non come persona de ingegno, mi fece corrervi inanzi, che vorrei trovare una ricetta da farvi scordare il mio nome, nonché, scrivendovi nel modo che meritate e ne la maniera ch’io debbo, ramentarvelo. Benché io, ciò dicendo, ingiurio la vostra prudenzia e non iscuso il mio errore, avenga che una matrona, come voi, aveduta sa bene che altro senno che quel d’uno ignorante si perde negli appetid del mondo, e, sapendolo, anulla la scusa, ch’io faccio circa tal cosa, col suo tenerla superflua. Or, come si sia, a me conviene por da canto la vergogna e il rispetto : né curandomi piú di quella che di questo, prima salutarvi con la riverenzia che se debbe a la figliuola del clarissimo messer Giovanni Foscarini e a la consorte del prestante Nicolò di Lazzara, ambedue venerabili e grate memorie; e poi dirvi che, se bene son restato di visitarvi e in lettre e in presenzia, non è però che di continuo non