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vostra gloria abbrugiará Tali de la fama dei principi e passati e presenti e futuri, onde rimarrete solo, perché sola è la pcrfezzion de la persona vostra, la quale, per essere giusta, adoro.

Di Venezia, il primo di genaio 1536.

LXI

A MESSER ALBERTO TURCO

Ha ricevuto il dono di quattro veli, ma ha perduta, facendola maritare, la sua Angela Serena, a cui li aveva destinati. Io non piansi, quando messer Gianpaolo da le Fratte, delicatezza de la nobiltá, mi diede il dono che mi fate di quattro veli, uno d’oro, l’altro d’argento e due di seta bianca e cremisi, per la vergogna che ebbi di piagnere ne la presenza d’un si onorato gentiluomo. E aveva ben da farlo, poiché de le frascarie, che con tanta ansia aspettava la donna mia, non posso piú ornarne le spalle sue. E ciò rni aviene per la fcrnesia amorosa, che mi mosse, godendo de la terza parte di lei, a voler tiranneggiar di tutta, onde l’ho tutta perduta. Ma io vivarò sempre, poiché non son morto nel perderla, overo sopportarò la morte, da che io sofferisco il dolore che ne pato. Certo che non l’ho amata con la severitá né ingannata con la mansuetudine: l’ho ben, possedendola, adorata con l’umiltade e intcrtcnuta con la liberalitá. E la rovina del suo onore e de la mia pace è causata da la gelosia, che mi aveva fatto creder da le sue bugie, che el marito, al quale pochi di inanzi si era sposata, la menarebbe in parte che io mai piú non la vedria; onde, parendomi esser astuto in trovar la via di tórla a lui, a me la tolsi. E, per esser la colpa del mio male io medesimo, voglio darmene la pena con il confessar la sciocchezza c col rimproverarla a me proprio nel conspctto degli altri che amano. Ma io giuro che alora amaro altra, che averò imparato a conoscer me stesso. In questo mezzo ognun si rida del mio pianto, ché lo merito.