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LV

AL SIGNOR DIOMEDE CARAFFA

Lo ringrazia delle sue cortesie e promette di mandargli ogni mese qualche «spensieraggine *. A me si apparteneva, caro padrone, di pregare il grazioso Valdaura che mi raccomandasse a la Signoria di Diomede CaraflTa, e non al signor Diomede di commettere a lui clic mi salutasse in suo nome. E questo era mio debito, si per essermi voi padrone, si perché io molto vi debbo per gli uffici che giá faceste da leale cavaliere in mio beneficio col marchese del Vasto, c ancora perché aveste sempre una ottima volontá di far quello che doverieno fare coloro che vi superano di grado e di potere, ma non di merito né di valore. E perciò da qui inanzi suplirò al difetto passato, e, se a chi è povero (ma non senza lode) per dir la veritá si può credere, credete a la promessa, che io vi faccio, di mandarvi ogni mese, al piú lungo, qualche mia spensieraggine. E, caso che io manchi, datene la colpa a un bestiai desiderio, che io tengo, d’assimigliarmi ai principi; e, non potendo con altra mascara che con le bugie dimostrarmi a la loro similitudine, potria essere che io ve lo promettessi, ottenendo le promesse come l’ottengono essi. Di Venezia, l’uitimo di ottobre 1535.

LVI

AL CARDINAL SANTACROCE

Raccomanda messer Bartolomeo predicatore, costretto da calunnie a rifugiarsi in Germania, e che ora si presenta a Paolo III. Non fu mai, monsignor illustrissimo, cagione si sacra né si santa come questa che mi move a scrivervi. Messer Bartolomeo, apportatore de la presente carta, è colui che con le chiavi del