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XLV

AL CONTE CLAUDIO RANGONE

Lo ringrazia di tutte le generositá usategli. Perché non sono io il Fortunio o il Molza o qualunque altro spirto si sia, per poter ragionare de la verni, de la gentilezza e de la liberalitá del buon Claudio RangonePché prima si stancaranno nei loro aggiramenti i cieli, che esso si stanchi di sparare il core de la sua cortesia, donando piú che egli non si ritiene. Né accadeva che la benignitá ultimamente usata a I.ionardo, mio creato, del cavallo e de l’altre cose, mi facesse piú certo del vostro gran core, che io mi fussi; che ben so io che, se i nuvoli del piú non potere non si attraversassero d’intorno a lo splendore de la propria vostra splendidezza, che la luce sua illuminarebbe i luoghi nel seno dei quali non trapassano i raggi del sole. E di tutto c cagione il dispensare malamente di questo e di quel principe, innamorati di quello e di questo poltrone. Ai meriti vostri si doveria rivolgere il cristianissimo, e non a quegli che danno a usura la cortesia reale; onde, per la meschina avarizia di un simile, non è mai giorno che Sua Maestá non perda amici, si come non passa mai ora che per la prodigalitá d’un par vostro quella non guadagni servi. E buon per il duca di Ferrara, s’avesse poste tutte le insegne de le sue nuove cortesie in cima de lo altissimo animo vostro, ché, senza forse, il fiato, che la laude darebbe al suo nome, le dispiegarebbe di maniera che le vedrebbe tutto il mondo. E, se a Sua Eccellenza sono state attribuite laudi immortali per avervi donato un passo piccolo, che si diria se egli vi avesse donato un varco grande, per il quale potesse uscire il diluvio de la larghissima liberalitade, ritenuta da le deboli forze dentro ai confini de la magnanima vostra volontade? Gran gloria clic acquista un potente, mandando ignudo un filosofo per vestir d’oro un