Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/59

una d’oro e l’altra d’ariento, ne le quali è coniata la testa sua vivacemente. Ma, se io era vostro senza tal dimostrazione, che vi sono io ora? lo vi son -quel che vi fui, né piú né meno, perché il premio non accresce l‘a(Tezzione, ma la rallegra, e, nel rallegrarla, parche ella ringrandisca, e pur è tale; e i bisogni, in cui i previlegi de la natura e de la fortuna pongono i vertuosi, vedendosi accomodare da l’altrui pietade, movono talmente chi riceve la mercede con gli sproni de la gratitudine, che la lingua non adulatrice manda fuor cose che sforzano la servitú a parer maggiore. Adunque, se il dono non veniva, non avevate a essere quel mio signore che io stesso ho giudicato che meritate d’essere? e, poiché egli è venuto, debbo io mostrare di avervi piú caro per i denari che per le vertú? Questa malvagia necessitá è cagione ch’io paia quel che io non sono. Ma, se io potessi tanto dare quanto mi è forza di ricevere, il mio animo mostrarebbe quel che egli è e non ciocché ei pare. Or, restringendomi sotto i panni de la pazienza, dico, basciando la mano a Vostra Signoria illustrissima, che i ducati spenderò per le occorrenze mie, e le medaglie serbarò per memoria sua.

Di Venezia, il 15 di novembre 1534.

XLIII

AL CARDINAL DI LORENO

Lo ringrazia del dono di dugento scudi e di un saio di velluto. Io non mi dolgo, signore, di esser nato a questi tempi, poiché io ho visto un prelato che puzza di re e non di prete, il quale ne l’abito e non ne l’animo è cardinale. Ma bisogna nascerci; bisogna portarsi la grandezza del sangue nobile, come il vostro, da le fasce. Che generositá può avere in sé uno di quelli meeanici, che son pervenuti a cotal degnitá o per denari o per sorte? che maniere, che gentilezze, che qualitá e che effetti di principi ponno avere i mercatanti e i plebei? A voi, signore, P. Aretino, Lettere- 1 . 4