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tosto ciocché il re dona subito. Ma, non sendo inganno ne la lealtá vostra, non debbe essere sdegno ne la vertú mia, la qual è e sempre sará umil favellatrice de la ineffabile benignitá de la Sua Maestá, ne la cui grazia serbimi Cristo.

Di Venezia, il io di novembre 1533.

XXXVII

AL GRAN MAESTRO DI FRANCIA

[il duca di Montmorency). Ancora della catena d’oro donata dal re Francesco. lo serbarò la catena, che mi ha donato il re Francesco, e le lettere, che per lei mi ha scritto monsignor Montemoransi, finché mi sará concesso; perché, sendo voi la sua persona istessa, tanto debbo pregiar l’onore di aver carte di Vostra Eccellenza quanto l’utile di possedere il dono di Sua Maestá. Perciò ringraziovi de le proferte che in ciò mi fate, come ringrazio lui del presente che mi ha fatto. Iddio dia or grazia a me che io rimanga ne la memoria di ambedue; e, quando sia che la mia sorte mi abbia a tórre fuor d’una, tolgami de la mente al signor re, perché, restando io ne la vostra, vivo ne la sua, come ne la sua moio, non sendo in quella di Vostra Signoria illustrissima, a la qual mi raccomando umilmente.

Di Venezia, il io di novembre 1533.

XXXVIII

AL CONTE MANFREDO DI COLLALTO

Ringrazia del dono di cinquanta zecchini, di un letto, di due botti di vino e di alcuni prosciutti. Quando io pensava di trovar modo di restituirvi i cinquanta ducati che mi prestaste a Roma, ecco che mi fate un presente non pur di quegli, ma d’un letto di saia ranciata e verde, finito di tutto punto ancora; e, per piú dispetto de l’altrui avarizia^