Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/46

XXIX

AL DUCA DI MANTOVA

Ringrazia del dono di una veste e di una zimarra, e accenna all’invio di una cassetta lavorata da Giovanni da Udine, e contenente vasi di vetro, fatti fabbricare nelle vetriere della Serena e detti «aretini». Il mio essersi riavuto da la infermitá se consolará tutto ne la veste di erraisino contornata di velluto nero ricamato e foderata di volpe bianchissima, consegnatami da Mazzone, con la zamarra di raso pur nero e ricamata di cordoni, in nome di Vostra Eccellenza, la quale con i suoi solleciti presenti mi doveria dar la lingua, e me la toglie. Io divento muto perciò per la vergogna, che io ho, di non aver ancor fatto opera onde apparisca il merito di si fatta mercede; né voglio che la volontá, ch’io vi mostrai sempre, mi scusi, perché la fede senza le operazioni non basta, e i suoi sarieno argumenti fragili, come la cassetta, che, piena di vasi di vetro, vi mandai solo perché voi vedeste la foggia de l’antiquitá, disegnata da Giovanni da Udine. La qual novitade è tanto piaciuta ai padroni de le fornaci da la Serena, che chiamano gli «arretini * le diverse sorti di cose ch’io feci far ivi; e monsignor di Vasone, mastro di casa del papa, ne ha portati di qui a Roma per Sua Santitá, la quale, secondo che mi avisa, ne ha fatto gran festa. E io me ne stupisco, perché mi credeva che in corte si guardasse oro e non vetro, come so che crede anco Vostra eccellentissima Signoria, de la qual son servo.

Di Venezia, il 3 di novembre 1531.

XXX

AL CONTE MASSIMIANO STAMPA

Ringrazia del dono di cento ducati d’oro.

Il signor Benedetto da Corte, imbasciador di Sua Eccellenza,, in nome di Vostra Signoria mi ha mandati per un suo creato cento ducati d’oro, i quali goderò per amor di quella propria