Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/437

grafici troppo madornali; continui mutamenti, ora in meglio ora in peggio, nella grafia e nell’interpunzione; sostituzione alla congiunzione «e», dall’A. usata con soverchia frequenza, ora di questa, ora di quell’altra particella; soppressione alla fine di parecchie lettere delle forinole di commiato o di complimento, ecc. ecc.), le quali provano, per la loro stessa abbondanza, che il testo fu sottoposto a una revisione letteraria abbastanza accurata. Ora, che l’A. si sia accollato personalmente codesto pedantesco e noioso lavoro, è cosa nemmeno da pensare: un uomo come lui, per poco che vi si fosse accinto, o avrebbe smesso alla seconda pagina, o avrebbe preferito riscrivere daccapo tutto il volume. Dovè dunque incaricarne, cosi come della sorveglianza della stampa, qualcuno dei suoi «giovani». Chi precisamente sia stato, non ci vieti detto da nessun documento. Ma su chi mai può cadere una legittima congettura, se non sopra Lodovico Dolce, nel quale l’A. cominciava a riporre quell’afi’etto cui il Franco aveva cosi mal corrisposto, al quale rivolgeva (quasi compenso destinato di volta in volta ai diversi curatori dell’edizione del primo libro delle Lettere) la piú volte ricordata epistola contro i pedanti, e del quale sappiamo con certezza che vigilò la stampa del secondo libro delle Lettere (0, uscito contemporaneamente alla J/ 3 , e cioè nell’agosto 1542? Comunque, il Dolce, o chi altro sia stato, se servi l’A. in modo meno scellerato che non il Franco, non riusci certo a dare del primo libro delle Lettere quell’edizione corretta, che l’A. tanto desiderava. Strafalcioni gravi s’incontrano anche nella M* assai spesso: p. e. la data del 1532 nella dedica al duca d’Urbino; quella del 1524 alla lett. 11, con che si continua ad anticipare di un anno la battaglia di Pavia e la conseguente prigionia di Francesco I < 2 ) ; un’intera riga saltata nella lett. 111, in guisa da rendere inintelligibile il senso; e l’elenco potrebbe continuare per un pezzo. Ma tutto è nulla in confronto dell’imperdonabile gofiaggine (che non so risolvermi ad attribuire all’A.), commessa nella datazione delle ultime lettere del volume. S’è giá visto come il Vasari inviasse all*A. una copia della lett. L.xix, nel momento in cui la A / 1 era per uscire alla luce. L’A. quindi fu costretto a porla alla fine del volume, conservandone. (j) Si veda la cit. leu. al Dolce del i“ seti. 1541. (a) Cfr, Bektani, p. 46, n. 32.