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sessanta e i cinquanta scudi per volta, perché séte mercatante in guadagnare e re ne lo spendere. Egli mi era scordato. Vostra Signoria si crede lodarmi, e si mi biasima, circa la borsa con i trecento zecchini, che usci de la manica al creato vostro e si rimase nel letto, mentre visitò Lionardo, che si sentiva male; perché io a restituirla, se ben credeste averla perduta altrove, feci l’ufficio che io deveva e vi rendei i danari vostri, parendomi pur troppo lo esserne padrone in aprir solamente la bocca. Le mie cose non fúr mai sicure in casa mia, ma quelle d’altri sempre; e di ciò fanno fede i ducati rendutivi, dei quali tacerete, perché io cerco di farmi onore con opere che derivino dal mio potere, e non dal mio dovere. State sano.

Di Venezia, il 4 di giugno 1531.

XXVI

A MONSIGNOR DI PRELORMO

Lo ringrazia del dono di alcuni oggetti di vestiario e di alcuni scudi, e gli dá notizie di una € ninfa», con la quale il Prelormo aveva una tresca. Veramente un cavaliere, che veste i panni de la cortesia e in ogni suo affare mostra di esser gentiluomo, è un re piccolo, come il mio signor Girolamo Rovero, che procede nel suo vivere realissimamente, magnificando la pompa del vestire e la splendidezza del mangiare con nuovi modi di nobiltade. De la liberalitá non parlo, perché non si creda che il vero in lodarvi sia adulazione, per la cui lingua voglia pagarvi i danari donatimi mentre fosti qui, i calzoni e il giubbone di velluto incarnato con ricamo di cordoni d’ariento, dove di sotto i tagli usciva ermisino bianco, che deste al mio Lionardo, e gli scudi che pur ieri mi contò un mercatante padoano per vostra commessione. Io sto aspettando la promessa, che di ritornar faceste non a me, ma al puttanino, che mosse la moglie di maestro P. Aretino, lettere - I. 3