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decembre) novanta lettere. Di queste alcune, senza dubbio, furono incluse nella raccolta soltanto per far numero; qualche altra riecheggia motivi giá sfruttati in altre opere (0; ma quante ve ne sono, in compenso, fresche, vivaci, piene d’umorismo e di brio! Passa innanzi alla fantasia dello scrittore la figura di un vecchione ottuagenario, che si dá ancora arie da conquistatore; e subito egli lo ritrae al vivo in una lettera, piena di aneddoti e fatterelli (*>. Gli riferiscono che un suo amico, dal cuore di pulcino ma dal fare da rodomonte, vuole, nientemeno, andare alla guerra; e a lui non par vero di prenderlo in giro in una lettera, che è un modello di bozzetto caricaturistico (3). Amici e protettori bramano da lui un granello d’incenso, e i «pedanti» lo annoiano troppo; ed egli è ben lieto di servire gli uni e gli altri mercé una lettera-sogno, che è poi uno scapigliatissimo «ragguaglio di Parnaso» U), si da far venir voglia d’annoverarla tra le «fonti», cui un secolo dopo doveva ispirarsi Traiano Boccalini. E gli esempi si potrebbero agevolmente moltiplicare. Per altro, nemmeno con tutto codesto ben di Dio si potè pervenire ai cento fogli, ai quali pare che si volesse far giungere il volume. In tre giorni allora (dal 18 al 21 decembre) l’Aretino rimaneggiò, giusta il giornalistico consiglio datogli dal Franco e dal Marcolini ( 5 ), alcuni «articoli» precedentemente pubblicati, ossia le dedicatorie delle sue opere che avevano giá veduta la luce; a queste aggiunse sei lettere scritte nel frattempo, e una vecchia lettera del 1536, di cui in quel punto il Vasari gli aveva inviato copia ( fi ); e depose finalmente la penna, per accingersi a (1) Cfr. la lett. al Piccat elo (cclv), p. 307, col seguente brano dei Pagionamenti (in Luzio, P. . 4 . a Venezia, p. 113): «[Un valente rl’.nchista... cantò...] de la niniicizia che ha il caldo col freddo e il freddo col caldo; cantò perché la state ha i di lunghi e il verno corti ; cantò il parentado che ha la saetta col tuono e il tuono col baleno, il baleno col nuvolo e il nuvolo col sereno ; e cantò dove sta la pioggia quando è il buon tempo, e il buon tempo quando è la pioggia; cantò de la gragnuola, de la brina, de la neve, de la nebbia; cantò secondo me de la camera locanda che tiene il riso quando si piange, e di quella che tiene il pianto quando si ride; e in ultimo cantò clic fuoco è quello che arde il culo de la lucciola e se la cicala stride col corpo o con la bocca». (а) Lett. a Giov. Uolani, p. 792. U) Lett. allo Strozzi, p. 284. U) Lett. a Gian Iacopo Leonardi, p. 338. (5) Lett. del Franco all’A., in questo voi., p. 383. (б) Cfr. la lett. al Marcolini del 20 dee. 1537, p. 374.