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CCCXX

AL MAGNO ANTONIO DA LEVA

Dedica della parafrasi dei sette salmi penitenziali. Dapoiché la sola cortesia vostra, magnanimo signore, mercé de la sua reai natura divenne alimento del viver mio, quella dote, che mi diede il cielo, solo perché io fossi accerrimo dimostratore del vizio e fervido predicatore de la vertè, ha di e notte pensato in che maniera ella possa far fede al mondo de la gratitudine sua verso il grande uomo di Spagna; e, misurando l’ampiezza del suo merito col giudizio de la mente, trovandola infinita, non altrimente le avviene che si avvenga a coloro In cui vista si confonde nel mirare 1* immenso numero de le stelle. O albergo di antiqua pietade, o sostegno di antiqua fede, o unico braccio di antiqua guerra(■), padre dei consigli, inventore de le vittorie e mottor dei trionfi, qual poema consacrerò io a lo splendido nome vostro, obietto vero di veracissima gloria? L’eroica adulazione, la quale con ispcranza di guiderdone suol celebrare altrui, non vi si conviene, perché le menzogne dei vaghi ingegni son trovate per appagare i graditi da la Fortuna, i quali, gonfiati per le iperboli poetiche, vaneggiano superbamente, mentre il vento de la laude si muove per alzargli, e perciò le chiare penne esaltano il finto merito loro con le fizzioni. Ma a voi, che per naturai vertu vi séte fatto degno de le laudi che si danno agli dèi, per la qual cosa gli uomini vi doveriano rendere gli onori celesti, non si appartengono versi lascivi né rime vane, anzi opre sacre e libri santi. Onde è ben dritto che al catolico Antonio, le mani del quale ebbero sempre riguardo a le cose divine, sollevando rumane, si dedichino quei salmi, per il cui mezzo David pose sotto un Dio e sotto un re tutto Israel. E non pure il vincitor di Golia con le voci de l’orazione disperse i nimici, placò il cielo e scornò (i) Cosi Af*. M 1 : «braccio di battaglia».